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Accorpamento degli aeroporti di Comiso e Catania, le perplessità di M5S e Mec

Per la pentastellata Campo ci sarebbero troppi interrogativi da risolvere, mentre per il Mec si tratta di un'operazione irrealizzabile

Che fine farà l’aeroporto di Comiso e dietro gli annunci di Musumeci e Torrisi cosa si nasconde?”: a chiederselo è Stefania Campo, deputata regionale del Movimento 5 Stelle, nel commentare l’annunciata fusione tra le due società di gestione Sac (aeroporto di Catania) e Soaco (aeroporto di Comiso), il cui progetto è stato presentato ieri pomeriggio nel capoluogo etneo.

Sulla questione – rileva Campo – ci sono davvero troppi interrogativi, di cui si parla troppo poco. Per anni, l’aeroscalo comisano, che ha potenzialità enormi, è stato invece sempre trattato come il ruotino di scorta di Catania. E la fusione potrebbe anche essere un fattore positivo se da figliastri diventassimo figli e quindi se Comiso diventasse a tutti gli effetti il terzo aeroporto più importante della Sicilia e, quindi, volano ‘pubblico’ di crescita per tutta l’area del Sud-est dell’Isola. Ma sappiamo invece che accanto all’annunciata fusione ci sta ancora una grande operazione di vendita al privato e ciò non produce altro che incertezze sul futuro stesso dei due aeroporti”.

Come dimenticare, ad esempio, la costante attività di Pietro Agen, al vertice della Camera di commercio del Sud-est – ricorda Campo – da sempre promotore della privatizzazione dello scalo catanese? Abbiamo sostenuto sin dal 2019, in solitudine, ma con atti parlamentari, un importante convegno a Catania che vide anche la partecipazione dell’allora ministro alle Infrastrutture, denunce e segnalazioni alla stampa, e un disegno di legge ad hoc, che le quote degli enti pubblici non possono essere alienate, perché dichiarate strategiche per legge. Il percorso di privatizzazione è stato frenato e il governo regionale ha fatto in parte marcia indietro. Forse anche perché, nello stesso periodo, avevamo presentato una richiesta di verifica dei presupposti per disporre la decadenza del presidente Agen dalla carica ricoperta, per violazione sia dello statuto della Camera di Commercio che della normativa regionale e nazionale, visto che lo stesso aveva pubblicamente dichiarato, in una intervista alla stampa, di aver fatto parte della loggia massonica del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. Una richiesta che l’assessore Turano ignorò, da una parte confermando la notizia e dall’altra cercando di sminuire la portata del danno, dichiarando che Pietro Agen fosse sì iscritto alla loggia massonica, ma oramai ‘in sonno’”.

Per la Campo la geografia delle Camere di commercio appena ridisegnata in Sicilia, è il contesto in cui va inquadrata ogni ipotesi di privatizzazione degli aeroporti, per quanto riguarda il delicato nodo della spartizione e della cessione delle quote. La Camera del Sud-Est, oggi formalmente decaduta, controlla il 61,2% dell’aeroporto di Catania, “ma chi ci garantisce – si domanda – che questa quota venga adeguatamente distribuita tra Catania, Ragusa e Siracusa e non rimanga in gran parte nell’ormai ‘indipendente’ Camera di commercio di Catania? Sarebbe il caso di fermare questa corsa alla privatizzazione, in attesa, quantomeno, di fare una riflessione sul futuro delle Camere di commercio siciliane. Per Musumeci, evidentemente no. Probabilmente, perché sa di avere i giorni contati alla guida della Regione”.

Sul possibile accorpamento sono intervenuti anche Mec e Vussia che hanno inviato una nota di segnalazione a Procura della Corte dei Conti, alle autorità per la concorrenza italiana e comunitaria, alla regione, ai commissari delle camere di commercio coinvolte, ai sindaci, all’Enac, all’Agenzia del Demanio, al Parlamento regionale e alle procure di Catania, Ragusa e Siracusa.

C’è una nota di testardaggine nel voler portare avanti una privatizzazione che nessuno vuole e che non serve certamente alla Sicilia.” A dichiararlo è Claudio Melchiorre presidente del Movimento Elettori e Consumatori e dei Comitati dei viaggiatori Vussia.  Uno dei passaggi preliminari per la vendita di SAC pare essere infatti l’incorporazione di Soaco in Sac. “Peccato che questa incorporazione, a nostro avviso, non si possa fare.

Secondo i consumatori e i viaggiatori, Statuto e Concessione aeroportuale di Comiso si basano su due pilastri: la possibilità di revocare la concessione al gestore, se chiude bilanci negativi per tre esercizi consecutivi, e il controllo costante della Pubblica Amministrazione sulla gestione aeroportuale. Con la incorporazione, questi pilastri sarebbero surrettiziamente demoliti. “Poiché il superamento delle clausole e garanzie poste da concessione e statuto di Soaco rappresentano un valore economico importante, così come l’attività economica aeroportuale, la loro perdita rappresenta un danno erariale ingente che ricadrebbe su chiunque approvasse, a nostro avviso commettendo peraltro un illecito, una simile proposta.”

Melchiorre aggiunge: “Se l’idea di una rete aeroportuale avesse un senso, dovrebbe in ogni caso essere pianificata da un ente politico. Subirla attraverso le decisioni di una società controllata da commissari speciali appena nominati e che di conseguenza hanno appena preso visione dei problemi connessi alla gestione aeroportuale, sembra scorretto e persino una forzatura.”

Secondo i consumatori, oltre ai dieci milioni di passeggeri totalizzati in tempi normali da SAC, Soaco potrebbe totalizzarne almeno altri tre milioni. “Sono numeri che discendono dalle previsioni dell’andamento del traffico europeo in tempi normali ma, guarda caso, mentre gli altri aeroporti siciliani crescono, l’unica cenerentola è Comiso. Curioso immaginare che lo stesso soggetto che è allo stesso tempo maggiore creditore di Soaco, suo controllore diretto è anche l’incorporatore, cioè beneficiario dell’operazione ai danni della collettività e soprattutto della comunità comisana. Tra l’altro, tale procedura pare configurare un grave reato penale societario, se si dovesse proseguire su questa strada.”

Mec e Vussia annunciano quindi battaglia. “Il nostro obiettivo è quello di risparmiare a consiglieri comunali, sindaci, presidente della regione e persino agli amministratori delle società coinvolte di dover rispondere personalmente del danno erariale che sembra profilarsi.”


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