fbpx

In tendenza

Si spaccia per fratello di totò Riina per chiedere il pizzo: condannato ad Agrigento

I giudici hanno deciso una pena contenuta alla luce del fatto che tre imputazioni si sono prescritte durante il processo e che una perizia psichiatrica ha accertato la sua condizione di seminfermità mentale

Si spaccia per il fratello del “capo dei capi” e inizia a incendiare cassonetti e un panificio per poi potere chiedere il pizzo. Per queste accuse, risalenti a oltre dieci anni fa, Calogero Sanfilippo, 72 anni, di Agrigento, è stato condannato per due ipotesi di tentata estorsione con metodo mafioso. I giudici della quarta sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Giuseppina Cipolla, hanno confermato la sentenza, emessa il 6 luglio dell’anno scorso, dal tribunale di Agrigento, infliggendogli 2 anni e 6 mesi di reclusione.

I giudici hanno deciso una pena contenuta alla luce del fatto che tre imputazioni si sono prescritte durante il processo e che una perizia psichiatrica, disposta durante il dibattimento su richiesta del difensore, l’avvocato Antonio Provenzani, ha accertato la sua condizione di seminfermità mentale. “Sono il fratello di Totò Riina, il capo dei capi, il mio biglietto da visita è l’incendio dei cassonetti“. Sanfilippo, dopo aver dato fuoco a ben trentacinque contenitori dei rifiuti ed essersi ustionato per la vastità del rogo che non riuscì a controllare, avrebbe provato a convincere telefonicamente uno dei responsabili della società che gestiva il servizio di nettezza urbana che era il caso di pagare. Dopo pochi giorni avrebbe provato a ripetere il copione dando fuoco a panificio, anche in questo caso a Porto Empedocle, ma le fiamme, in questa circostanza, forse per la prudenza dettata dall’episodio precedente, si estinsero da sole.

I fatti al centro del processo sono avvenuti fra il 5 e il 12 agosto del 2011. Sanfilippo si sarebbe spacciato per il fratello di Totò Riina chiedendo ai responsabili delle ditte dei rifiuti e alla titolare di un panificio, in seguito all’incendio dei cassonetti e dei locali del negozio, di dargli dei soldi. Due imputazioni di incendio e quella di false generalità – che scaturiva dal fatto che, presentatosi in ospedale dopo il primo incendio nel quale aveva riportato ustioni, avrebbe detto di chiamarsi con un altro nome – si sono prescritte.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni