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Altro naufragio a Lampedusa, muore una donna. Il racconto di una superstite: “Vedevamo terra, ma perso mio bimbo”

Non ci sarebbero dispersi

Nuovo naufragio a Lampedusa, dopo quello avvenuto lunedì costato la vita a una bimba di due anni e con otto dispersi.

Un barchino è colato a picco a circa 28 miglia dalla costa.

Una donna di 26 anni, originaria della Costa d’Avorio, è morta. Quarantasei i migranti superstiti che sono stati recuperati dai militari della Guardia di finanza che stanno per arrivare al porto della maggiore delle isole Pelagie. E’ nella fase di trasbordo, dal barchino alla motovedetta della Guardia di finanza, che improvvisamente la carretta in metallo ha ceduto ed è colata a picco.

In mare sono finiti tutti i 47 migranti, originari di Guinea, Mali e Costa d’Avorio, che erano a bordo. La giovane donna, è rimasta in acqua per pochi minuti, ma quando è stata recuperata era già esanime. Inutile ogni tentativo di rianimarla. Nessuno dei superstiti, al momento, segnala dispersi. Il barchino, stando a quanto è stato riferito ai finanzieri, era partito da Sfax in Tunisia lunedì sera.

“Yahe ha provato a trattenere il proprio bambino, Bintu, ma è stata punta dalle meduse e tra il dolore e le lesioni non ce l’ha fatta”. E’ il racconto di Francesca Saccomandi, operatrice umanitaria della Ong Mediterranean Hope, che è stata tra i soccorritori del gruppo di migranti naufragati lunedì nei pressi dell’isola di Lampedusa (Agrigento), a seguito del quale è morta una bimba di due anni poco dopo il soccorso. Il bambino disperso aveva un anno e otto mesi ed è uno dei due piccoli morti nell’ennesima tragedia del mare: non si hanno notizie nemmeno del padre, pure lui tra i dispersi.

“L’altra bimba di due anni – racconta sempre Saccomandi – è arrivata sul molo Favarolo e hanno tentato inutilmente di rianimarla ancora proprio sul molo, ma non ce l’hanno fatta. Adesso è in una bara chiusa al cimitero di Lampedusa”.

L’operatrice umanitaria descrive le sensazioni vissute da Yahe, la mamma ventenne guineana di Bintu, durante e subito prima della tragedia: “La barca si è rovesciata, le punture delle meduse le hanno reso impossibile trattenerlo a sé. Yahe – prosegue Francesca Saccomandi – mi ha anche raccontato che, poco prima del naufragio, nel vedere le coste di Lampedusa, insieme al bambino cantavano Boza Boza free, che è il grido di sollievo e di vittoria per avere attraversato il mare ed essere sopravvissuti”.


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