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Corruzione, circonvenzione d’incapace, truffa e riciclaggio: arrestati prete e due consiglieri comunali nell’Ennese

Un sacerdote posto agli arresti domiciliari e per altre tre persone, compresi due consiglieri comunali, disposto il divieto di esercitare per un anno uffici direttivi in imprese o società e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

Un sacerdote posto agli arresti domiciliari e per altre tre persone, compresi due consiglieri comunali di Gela, disposto il divieto di esercitare per un anno uffici direttivi in imprese o società e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Sono i provvedimenti adottati dal Gip di Gela, ed eseguiti da carabinieri, nei confronti di quattro indagati nell’ambito dell’inchiesta “Avaritia” della locale Procura.

I reati ipotizzati a vario titolo sono corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Tra i destinatari del provvedimento cautelare personale ci sono anche un sacerdote della Diocesi di Piazza Armerina (Enna) e due consiglieri del Comune di Gela. Particolari sull’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà alle 11.30 alla Procura della Repubblica di Gela.

Il passaggio di gestione dell’Ipab “Antonietta Aldisio” di Gela e le denunce dei familiari degli ospiti della residenza per anziani nel gennaio del 2020 sono alla base dell’inchiesta “Avaritia” condotta dai carabinieri di Gela che ha portato, su ordine del Gip del tribunale Roberto Riggio, agli arresti domiciliari di don Giovanni Tandurella, già presidente della struttura pubblica e ora parroco della cattedrale di Piazza Armerina.

Interdetti per un anno dai ruoli societari Renato Mauro e i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Sandra Bennici e Salvatore Scerra. Questi ultimi tre hanno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Disposto anche il sequestro di immobili e somme in denaro per il sacerdote gelese.

Secondo l’accusa il sacerdote avrebbe affidato la struttura pubblica alla società La Fenice, di Mauro, eludendo l’ordinamento dei contratti pubblici. In più avrebbe ricevuto denaro e l’assunzione di alcune persone.

A coordinare l’indagine è stata la procura di Gela. I soldi dell’Ipab sarebbero stati utilizzati, secondo la procura di Gela, da don Tandurella per scopi personali. Il sacerdote avrebbe utilizzato le somme della struttura pubblica per far effettuare lavori edili nella chiesa Santa Maria di Betlemme a Gela, dove era parroco, e avrebbe acquistato anche un immobile nel quartiere di Caposoprano. Il prete, inoltre, avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da un’anziana benestante che avrebbe trasferito la sua residenza all’interno dell’Ipab. La struttura per anziani era stata commissariata dalla Regione nel dicembre del 2019, poi le denunce dei familiari degli ospiti (se ne contano una quindicina) e gli avvisi di garanzia ai quattro indagati raggiunti stamattina dall’ordinanza firmata dal Gip.


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