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Crac del Palermo calcio, due ex presidenti a giudizio

I due imputati avevano acquisito dall’imprenditore Maurizio Zamparini la Us Città di Palermo, la vecchia società, reduce da una serie di vicissitudini che l'avevano portata alle soglie del default

Avevano detto di voler risanare il Palermo calcio per portarlo a traguardi importanti, invece lo fecero fallire miseramente. È per questo che il Gup del capoluogo siciliano Angela Lo Piparo ha rinviato a giudizio i fratelli Salvatore e Walter Tuttolomondo, ex proprietari della società rosanero. Risponderanno in tribunale, a partire dal 17 gennaio, di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio, falso e ostacolo alle funzioni di vigilanza della Covisoc (la commissione di vigilanza sulle società di calcio).

I due imputati avevano acquisito dall’imprenditore Maurizio Zamparini la Us Città di Palermo, la vecchia società, reduce da una serie di vicissitudini che l’avevano portata alle soglie del default. Ma se il vecchio patron, pur alle prese con inchieste penali e con una istanza di fallimento presentata dalla Procura, era riuscito a salvare la società di viale del Fante, i Tuttolomondo crearono i presupposti per il crac: svanito – a causa di una penalizzazione per i falsi nei bilanci attribuiti a Zamparini – l’obiettivo della promozione in serie A nella stagione 2018-2019, il Palermo venne dichiarato fallito e dalla serie B dovette ricominciare dalla serie D. Prima che questo accadesse, i due imprenditori, per iscriversi ugualmente al campionato di B, avrebbero nascosto lo stato di insolvenza con crediti fittizi, attraverso i quali, grazie a un’ altra loro società, la Arkus, avrebbero cercato di fare valere il rapporto con una terza azienda, la Group Itec srl, società estinta per inattività dal 2010, e dalla quale avrebbero asserito di vantare crediti.


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