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Topi morti e veleno in cucina, a giudizio i titolari di un caseificio degli orrori

Elevate, inoltre, sanzioni amministrative per 65.000 euro

Rinviati a giudizio con l’accusa di avere gestito un vero e proprio caseificio dell’orrore con i prodotti che venivano preparati fra i topi morti e il veleno. Il gup del tribunale di Agrigento, Iacopo Mazzullo, accogliendo in parte la richiesta del pubblico ministero Gloria Andreoli, ha disposto il processo per Antonino Vecchio, 63 anni, di Raffadali, finito in carcere nel dicembre del 2019, e Omar Catuara, 27 anni, ritenuto suo socio. Assoluzione per Daniele Bartolomeo, 40 anni, di Raffadali, unico imputato che ha chiesto il giudizio abbreviato e sentenza di non luogo a procedere per Virgilio Sola, 66 anni, di Agrigento; questi ultimi due addetti alle consegne. Vecchio è imputato per undici ipotesi di reato: adulterazione di sostanze destinate all’alimentazione, frode nell’esercizio del commercio, sfruttamento del lavoro, macellazione illegale, cessione di cocaina e guida senza aver mai conseguito la patente.

I militari lo avevano messo sotto inchiesta perché avevano elementi in base ai quali ritenere che spacciasse cocaina: l’attività di intercettazione, in seguito, ha consentito di scoprire molte altre ipotesi di reato di tenore del tutto diverse oltre a quelle legate a diversi episodi di cessione di droga. Nel corso dell’operazione i carabinieri hanno sequestrato più di 300 chili di alimenti in pessimo stato di conservazione. Si tratta, perlopiù, di formaggi e carne immediatamente sottratti al mercato. Elevate, inoltre, sanzioni amministrative per 65.000 euro. I carabinieri indagavano per spaccio di cocaina e si sono trovati davanti un “caseificio dell’orrore”: il titolare, secondo l’accusa, preparava i formaggi fra i topi morti e le esche velenose utilizzate per ucciderli. Il suo collaboratore, un pastore rumeno, sarebbe stato schiavizzato per 13 ore al giorno per pochi euro e costretto a vivere in un tugurio con i fili dell’elettricità volanti e i topi dentro il frigo. Catuara è accusato insieme a Vecchio di alcune ipotesi di reato legate alla gestione del caseificio di cui, in sostanza, è ritenuto socio anche se all’epoca nei suoi confronti non scattò alcuna misura cautelare. Bartolomeo era accusato di avere distribuito con la sua auto i prodotti, ritenuti nocivi per la salute, distribuendoli nei vari esercizi commerciali. Accuse analoghe per Sola, addetto alle consegne con il furgone: per entrambi il giudice ha ritenuto che le accuse fossero insussistenti.


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